Parabola Cerebrale










Titolo | Parabola cerebrale

Autore | Luca Cappai


Muravera, 2010


Una ragazza gli si avvicinò per sincerarsi che stesse bene, poi lo salutò ed attraversò la strada.

Anche la coppia attraversò la strada poi una ragazza bionda con gli occhiali neri si avvicinò loro e disse: «Fermi, stiamo girando la scena di un film, ora non si può passare”.

C’era un bar sotto un portico non distante, il barista stava preparando un cappuccino, ed un signore anziano col cappello guardava la televisione, c’era un servizio su un insetto con geni umani. La giornalista si trovava in uno zoo, stava parlando con un ragazzo mentre inquadravano l’insetto.

La giornata era bella ed un giardiniere stava svolgendo il proprio lavoro quando sentì: «A».

Il giardiniere si guardò intorno e cercò in mezzo ai cespugli ma non trovò nulla, si guardò intorno e sentì nuovamente: «A». Questa volta proveniva sicuramente da sotto il tosaerba. Il giardiniere lo girò e, scostando la lama, vide un grosso insetto che disse chiaramente: «A». Il giardiniere svenne.


Era buio, si sentiva solo il rumore dei macchinari ospedalieri quando una porta della stanza si aprì ed entrò un’infermiera. Accese la luce e si avvicinò per controllare i macchinari. Sembrava che il paziente, Carl Label, avesse finalmente ripreso conoscenza, l’infermiera lo chiamò, toccandogli la mano: «Carl, Carl!».

Carl girò la testa verso di lei: «Dove mi trovo?»

«In ospedale, Carl”.

«Dove? Di cosa sta parlando?»

Carl ancora sotto effetto di medicinali non si capacitava di chi è e dove si trova. La confusione prevale su di lui. Pensieri furtivi lo mettono in subbuglio avviluppandosi nel dubbio.

L’infermiera riprese: «Sig. Carl lei è svenuto, l’abbiamo prelevata nel giardino della Sig.ra Stesy, che l’ha trovata a terra e ripeteva “Ha detto a! Ha detto a!”. Sig. Carl, chi ha detto a?»

Carl si girò verso la parete e una lacrima gli solcò il viso: «Quanto ho dormito?»

L’infermiera era sul punto di rispondere quando entrò un medico.

«Buongiorno Sig. Carl, il mio nome è Bluster, dott. Cat Bluster, come si sente oggi?»

«Come se avessi dormito un mese intero…»

Carl riprese coscienza moderatamente, senza però avere troppa chiarezza della situazione.

«Ha dormito due giorni, precisamente cinquanta ore e dieci minuti. Lei è svenuto. Stiamo verificando l’origine di tale svenimento per scoprire il problema, le saremo grati se ci aiutasse a capire cosa le è successo».

A quel punto intervenne l’infermiera: «Carl, sul suo cellulare abbiamo trovato alcune chiamate perse, erano di un suo amico e ci siamo permessi di chiamarlo. È qui fuori che aspetta di avere sue notizie”.

«Chi è? Lo faccia pure entrare».

L’infermiera si avvicinò alla porta e chiamò: «Sig. Mattas, entri pure, il suo amico si è svegliato».

Mattas entrò e si rivolse all’amico: «Carl, ma sei ancora steso su quel letto? La signora Stesy è molto in collera perché non hai finito di sistemare il giardino».

Il dottore intervenne: «Mi scusi Sig. Mattas ma Carl si è appena risvegliato da uno stato di incoscienza e non mi sembra il caso di procurargli ulteriori allarmismi».

Ma Carl tranquillizzò il medico: «Non si preoccupi dottore, noi ci parliamo sempre in questo modo. Se penso alla faccia della signora Stesy ed ai suoi finti rimproveri mi viene da ridere, ci prova sempre ad essere severa, ma vista la sua bontà…» un forte colpo di tosse lo costrinse ad interrompersi.

«Infermiera, gli passi un bicchiere d’acqua”. Intervenne il medico.

L’infermiera prese un bicchiere d’acqua e aiutò Carl a bere sollevandoli la testa.

Mattas si sedette sulla sedia vicino al letto e chiese all’amico: «Senti Carl, ma cosa ti è successo?»

Carl fa uno sforzo nel ricordarsi chi è, cosa è successo. In breve tempo si ricorda della giornata precedente, di dove si trovava e cosa era successo, ma lì rimane solo un ricordo vago e confuso. Avverte fugaci sensazioni di terrore improvviso, come se avesse visto dei fantasmi. Poi quell'immagine azzurra, di un cielo che gli sta cadendo in testa. Si sente schiacciato da un macigno. Una scarica di adrenalina gli acciglia il volto. Sente dolori nel cranio come se un sasso lì fosse lanciato con tanta forza.

«Non ricordo molto, mi viene in mente il cielo. Ero sdraiato a terra, stavo lavorando e ascoltavo la musica, come sempre, poi ricordo… sembrava ci fosse un bambino… ricordo di aver sognato… era dentro l’acqua, ero nudo, nuotavo, forse ero…»

A quel punto il medico lo interruppe: «Ok, Carl…»

L’infermiera intervenne: «Aspetti dottor Bluster, forse ora riesce a ricordare, lasciamolo parlare”.

Carl continuò: «Sì, ricordo che nuotavo nel mare, poi un grosso squalo con la bocca aperta ha tentato di ingoiare e il sogno è finito”.

Carl stava delirando. I suoi racconti sono solo frutto dell'immaginazione.

L’amico insistette: «Poi cosa è successo?» Ma in quel momento squillò il suo telefono quindi si diresse verso la porta.

Questa era socchiusa e, nel corridoio, si sentivano le voci della signora delle pulizie che parlava con l’infermiera della reception e si informava riguardo i prossimi turni: «A che ora devo venire domani?»

L’infermiera stava sbirciando in un libro, sembrava una rubrica di indirizzi e, con lo sguardo sempre al libretto, rispose: «Adesso controllo nella tabella ma penso sia lo stesso orario di oggi, aspetti solo un attimo”. Annotò allora un indirizzo in un quadernino, poi ripose la rubrica dietro al telefono.

«Che giornata tranquilla oggi…» riprese la signora delle pulizie, «ho lavorato con calma e ho finito presto ugualmente…»

«Dalla tabella risulta», riprende l’infermiera «che il suo turno di domani inizia alle 7.30 della sera».

«Bene, probabilmente riuscirò anche ad arrivare in anticipo, ho già fatto la spesa mensile e pagato le bollette…»

Poco distante intanto Mattas, parlando al cellulare: «Aspetta un attimo, ti richiamo io, ok? Ciao».

Poi, rivolgendosi all’infermiera alla reception disse: «Scusi, potrei usare il telefono, devo chiamare un amico?»

«Sì, certo. C’è un telefono che funziona sia a scheda che a gettoni proprio dietro di lei».

Mattas si girò e si incamminò verso il telefono, introdusse alcuni gettoni e compose il numero dell’aiuto giardiniere di Carl: «Ciao Benny, sono all’ospedale, Carl è svenuto. Non si sa cosa sia successo, ora sta bene comunque. Tu lavori ancora per lui?»

«Sì, ho sentito la signora Stesy, mi ha chiamato due giorni fa, mi ha detto di Carl. Ho dovuto coprire i suoi impegni ed erano così tanti che non ho fatto in tempo a sentire lui. Sono passato all’ospedale ma lui non c’era, in che ospedale si trova?»

«All’ospedale Saint Ferdas».

«Ho capito, a me hanno detto che si trovava all’ospedale di Martin Avenue”.

«Ma non hai chiamato?»

«Sì, ma non rispondeva nessuno, stavo aspettando una chiamata della signora Stesy».

«Perché non passi di qui così parli con Carl e vi mettete d’accordo per il lavoro?»

«Certo, grazie di avermi chiamato, posso venire adesso? Stavo per andare a letto ma sono ancora vestito”.

«Aspetta un momento che chiedo gli orari all’infermiera”. 

Mattas si rivolse all’infermiera: «Scusi, mi sa dire quali sono gli orari di visita? Un mio amico vorrebbe venire adesso a fare visita a Carl”.

L'infermiera scruta Mattas, pensa che è un ragazzo un po’ strano. Cerca di trovare risposte su Carl e dubita che entrambi possano essere membri di qualche strana organizzazione. Sarà mai questo Mattas complice di Carl per questioni sataniche? Mafiose? Di criminalità organizzata? A quel punto rispose:

«Mi spiace ma per oggi l’orario delle visite è terminato”.

Quindi Mattas si rivolse all’amico che aspettava all’altro capo del telefono: «Benny, adesso non si può venire, chiedo per domani”.

Rivolgendosi di nuovo all’infermiera: «Scusi di nuovo, domani a che ora iniziano le visite?»

L'infermiera si sente come se fosse dentro un film, è successo tutto così in fretta l'altro pomeriggio, gente che correva, entrava e usciva e poi si vide Carl completamente fuori coscienza.

«Alle 7.00”. Rispose la donna.

«Perfetto, grazie”. E, rivolgendosi a Benny: «Dice che domani l’orario inizia alle 7.00».

«Bene, credo arriverò presto allora, così riesco ad organizzarmi per il lavoro”.

Mattas lo interruppe: «Senti, pensavo che forse prima sarebbe meglio chiedere al medico, magari lui mi può dire l’ora migliore per le visite».

«Bene, allora mi chiami più tardi e mi dici qualcosa».

«Magari ti mando un messaggio così anche se dormi lo leggi quando ti svegli».

«Perfetto, saluta Carl e gli dice che la signora Stesy è rimasta molto male per quello che gli è successo, ha detto che pensava fosse più forte».

«Immagino la risata che si farà Carl. Ci sentiamo allora, buonanotte».

«Buonanotte».

Una volta attaccato il telefono Mattas tornò da Carl e gli riferì la conversazione con Benny, parlò anche col medico e si accordano per l’orario di visita.

Il dottor Bluster uscì dalla stanza, salì al piano superiore, prese il cellulare e chiamò la moglie: «Ciao Susan, sono ancora al lavoro, rientro un po’ più tardi, come procede il trasloco?» la moglie si guarda le unghie, soffia per far asciugare lo smalto

«Ho appena salutato il camionista, abbiamo portato tutto a destinazione, ora la casa è vuota».

«Perfetto. Che fai ora, passi di qui? Così chiudi la casa e domani passiamo a lasciare le chiavi dai proprietari”. la moglie pensa alla scena, come se si fosse catapultata nel futuro. Le chiavi, la casa, i nuovi inquilini. Li immagina grassi, che puzzano di carne viva, 'oh mio Dio' pensa lei. Non riesce a capacitarsi che la sua dolce casa non è più sua. Li manca di già.

«Ok, chiudo tutto, prendo la giacca e arrivo”.

«Ti aspetto, ciao».

Il dottore andò in bagno, si lavò le mani e tornò nella stanza di Carl. L’infermiera, che stava ancora accudendo il paziente, gli disse: «Si è addormentato».

«È tutto regolare? Tutto sotto controllo? Impulsi, ecc.?»

«Sì, tutto regolare dottore».

Si diressero verso la porta e il dottore chiese: «Domani lei ha il turno del mattino, vero?»

L’infermiera annuì e pensò: 'mattina presto, che tortura, perché tocca sempre a me?'. Lui riprese, chiudendo la porta: «Allora lascio a lei le procedure di risveglio del paziente».

Da un finestrone si vedeva la moglie del dottor Bluster che parcheggiava. Susan scese dall’auto e si avviò verso l’ingresso dell’ospedale. Il dottore salutò l’infermiera e si fece incontro a sua moglie: «Ciao, mi cambio e arrivo, dammi un minuto”.

«Ti aspetto qui».

Susan si avvicinò a scambiare due parole con la receptionist che subito le disse: «Certo che è davvero difficile concentrarsi sul lavoro con uomo così nei dintorni”. Ed abbassò lo sguardo con fare malizioso mentre l’altra la guardava con sospetto.

In quel momento giunse il medico: «Eccomi qui cara, andiamo”. 

E, poggiata la mano sulla schiena della moglie, la condusse verso l’uscita poi, rivolgendosi alla receptionist: «A lei non la saluto se no si deconcentra".

Susan gli diede una pacca sulla spalla: «Ma Blusty!»

L’infermiera salutò con la mano e i due si diressero verso l’auto. Una volta saliti accesero la radio per ascoltare le notizie, poi iniziò una canzone rock.


All’angolo di una strada, nella periferia della città, c’era un piccolo locale. Il barista serve un cocktail ad un ragazzo, questo era un po’ triste, ma abbastanza socievole, girava tra i tavoli parlando con tutti. Si sedette ad un tavolino e si rivolse con un «Ciao» ai ragazzi che lo occupavano.

Questi, un po’ scocciati, gli risposero: «Ma che vuoi?»

Lui riprese: «Mi chiamo Paul”.

E loro di rimando: «Ma tu fai sempre così?»

«Cercavo un po’ di compagnia”.

I ragazzi del tavolo a fianco iniziarono a ridere mentre una delle ragazze sedute disse a voce bassa: «Andiamocene, deve essere pazzo”. E se ne andarono.

A quel punto il telefono di Paul squillò: «Ciao Paul, dove sei? Sono Busty". Era il dottor Bluster, padre di Paul.

«Ciao Blusty».

«Ma dove sei?»

«Adesso rientro, stavo facendo un po’ di amicizia”.

Paul fa sempre cosi' con la gente. Non avendo amici si intrufola con disinvoltura tra estranei e cerca di fare amicizia. Non ha ancora imparato che le persone si devono approcciare con discrezione, magari qualche scusa, un sorriso, una richiesta. No, lui viene da Marte, completamente ignaro del da farsi con la gente. Non si sa adeguare alle esigenze della gente, le timidezze, le paure, e tutte quelle cose che la gente si chiede sugli altri. Questo è anche un problema con le ragazze, ha difficoltà a frequentare gente dell'altro sesso.

«Senti Paul, avrei un programma per domani. Ci stiamo trasferendo nella nuova casa, dobbiamo sistemare tutta la roba e io e Susan stavamo pensando che potresti venire a pranzo da noi, così poi ci aiuti a sistemare i mobili, che ne dici?» Paul si guarda le scarpe con sguardo triste, pensando ancora al suo comportamento strano nel locale, poi disse:

«Direi che va bene, domani però sono libero solo la sera”.

«Facciamo così, ti chiamo io così vediamo come sistemarmi per la cena, se poi sei disponibile per qualche lavoro in casa meglio!»

«Ok, ci sentiamo all’ora di pranzo domani, ciao”.

«Ciao”.

Paul salutò il barista ed uscì dal locale diretto a casa.

Il giorno successivo Paul doveva recarsi in banca, stava svolgendo delle trattative per un trasferimento bancario. Una volta dentro si mise in coda, c’era molta gente e lui si apprestò ad attendere con calma il suo turno.

All’improvviso un grido: «Fermi tutti, questa è una rapina!»

Paul si girò e vide due rapinatori che stavano irrompendo nella banca, lui si trovava proprio vicino alla porta e l’urto con questa lo fece cadere a terra ferendosi una mano.

Nel frattempo i rapinatori avevano messo un lucchetto alla porta della banca per non fare uscire nessuno e si stavano facendo mettere i soldi dentro un borsone.

Tornati alla porta, nella foga del momento, non riuscirono a trovare la chiave del lucchetto e furono quindi costretti a romperlo con il calcio della pistola, nel giro di pochissimi minuti erano già scappati.

La gente era ancora incredula, l’addetto allo sportello della banca era svenuto, qualcuno cercava di soccorrerlo.

Paul si accorse di una chiave in terra vicino alla porta, guardandosi intorno la prese e se la mise in tasca poi uscì dalla banca ancora un po’ confuso, si diresse verso una cabina e provò a chiamare Busty ma trovò la segreteria telefonica allora si recò a casa di un amico che abitava a pochi isolati dalla banca, aveva bisogno di raccontare a qualcuno quello che gli era successo.

Suonò il campanello e l’amico Deja rispose subito al citofono.

«Ciao Deja, sono Paul”. Deja fu sorpreso, era da tanti giorni che non sentiva Paul, ma per lo più perchè l'ultima volta che si erano sentiti avevano avuto una cattiva discussione riguardo la sua ex

«Ciao Paul, sali”. disse Deja.

Paul salì la rampa di scale e trovò che la porta dell’appartamento era già aperta, entrò e trovò Deja in cucina che già preparava un caffè. Il tempo intanto si faceva nuvoloso, sembrava dovesse piovere da un momento all’altro.

Deja versò il caffè, e si rivolse all’amico: «Allora Paul, che combini?»

Ma, nel momento in cui Paul stava per iniziare a raccontare quello che gli era accaduto entrarono i tre coinquilini di Deja.

«Ciao Deja, ah ciao Paul, ci sei anche tu”.

«Ciao ragazzi”.

«Deja, peccato che tu non sia venuto al party di ieri sera, è stato davvero fenomenale”. Paul ebbe un attimo di gelosia, a lui non lo cerca mai nessuno.

«A proposito di party,» li interruppe Paul, «mi stavo dimenticando che devo comprare delle birre per stasera, faccio un salto al negozio e torno”.

E senza dare all’amico il tempo di replicare Paul uscì di casa, scese le scale e uscì dal portone dirigendosi verso un negozio vicino. Paul fa sempre così. Oltre ad essere strano con gli estranei, è strano anche con gli amici, fa fughe improvvise. Si dimentica perché si trova in quel posto e in quel momento. E scappa via.

Nel frattempo afferrò delle birre e si rivolse al negoziante: «Senta mi sa dire…», ma poi cambiò idea, prese un pacchetto di sigarette, un biglietto del bus e si diresse verso la fermata più vicina.

Controlla gli orari e vide che sarebbe passato un autobus dopo dieci minuti ma in realtà non sapeva dove voleva andare. Il bus giunse puntuale, Paul salì e decise allora di andare da suo padre.

Una volta arrivato davanti casa suonò il campanello ma rispose un estraneo: «Buon giorno» disse Paul «sono il figlio del Dott. Bluster, è in casa?»

«Bluster… ah si il vecchio padrone di casa, noi siamo i nuovi inquilini, ci siamo trasferiti proprio oggi. Suo padre e la signora Susan hanno già traslocato”.

«Caspita, me ne ero proprio dimenticato, che sbadato”. Solite dimenticanze di Paul. Sbadato con la testa fra le nuvole.

«Se vuole chiamo il Dott. Bluster”. Si offrì il nuovo inquilino.

«No, non si preoccupi, levo il disturbo, è stato anche troppo gentile. Saluti”. E si allontanò a piedi.

Nel mentre ricevette una telefonata di Déjà che lo stava ancora aspettando.

«Scusa Deja ma ho avuto un imprevisto e non posso tornare, ci vediamo nei prossimi giorni”.

Poi Paul decise di chiamare Busty per chiedere se poteva raggiungerlo, ma Busty gli disse che stava uscendo con Susan per comprare delle nuove tende: «Quelle che sono in casa sono vecchie”. Disse.

Paul, che si era un po’ perso nel discorso abbassò lo sguardo e disse: «Ah sì, quelle sono vecchie…»

«Ma se non le hai mai viste?» Intervenne il padre. 

«Già, di nuovo dimenticavo il trasloco”.

«Paul, stai bene?» Chiese il padre. «Dove sei? Perché non vieni a fare spese con noi?»

«No, no, non posso, ti chiamo io”. E chiude la telefonata.

Blusty, un po’ preoccupato si rivolse a Susan: «Paul sembrava così strano…»

«Che combina?» Replicò Susan.

«Non so, voleva venire adesso… ma non cadere fra le nuvole anche te, lo sai che Paul è sempre così. Però devo ammettere che questa volta sembrava diverso».

Poi lasciarono cadere il discorso.


All’ospedale Mattas era andato a trovare Carl: «Come ti senti amico mio?» Carl aveva bevuto tanta acqua, forse più di un maratoneta dopo la gara.

«Come se un tir mi fosse passato sopra”.

«Allora forse è meglio chiamare un infermiera”. 

«No aspetta Mattas, devo chiederti un favore”.

«Certo, dimmi”. Ma, in quello, il macchinario a cui era attaccato Carl, iniziò a fare strani rumori e Mattas, spaventato, corse a chiamare un’infermiera. Questa arrivò subito e, dopo aver controllato il polso di Carl ed essersi sincerata che stesse bene chiese a Mattas cosa fosse successo.

«Ho sentito un suono strano provenire dal macchinario”.

L’infermiera chiamò subito il Dott. Bluster, che nel frattempo aveva preso servizio. Questi iniziò a fare domande.

«Senta Dottore,» disse Mattas, «sono sicuro di aver sentito un suono strano provenire dal macchinario, anche se vedendo Carl sembra sia tutto a posto”.

«Non si preoccupi» lo tranquillizzò il medico «può capitare che a volte ci siano delle interferenze dovute alla pressione del paziente che si manifestano con rumori strani”. Poi, rivolto all’infermiera: «È l’ora della medicina, può dare le pastiglie al Sig. Carl?»

Mentre l’infermiera eseguiva gli ordini del medico questi prese in disparte Mattas e gli disse: «Senta, Carl dovrebbe lasciare l’ospedale stasera. Abbiamo valutato la sua situazione clinica e non c’è stato alcun riscontro negativo”.

Carl quindi era pronto per essere dimesso.


Quella sera stessa Paul si trovava a bordo di un taxi imbottigliato nel traffico, il tassista imprecava:

«E dai, muovi quel cartoccio…»

Paul fu sovrappensiero. È anche una persona paranoica. Successivamente alla rapina si è fatto mille domande e pensieri ossessivi. Si chiese: 'perché proprio io? Perchè mi dovevo trovare in quella banca in quel momento?' si chiese cosa aveva fatto di male. Ma in fin dei conti cosa è successo a lui? Il fatto è che se anche non gli sia successo niente a lui cose brutte non piacciono. È molto sensibile.

«Crede che ce la faremo ad uscire di qui”. Intervenne Paul. Il tassista lo scruta bene dallo specchietto retrovisore

«Spero che lei non abbia troppa fretta» rispose il tassista «non credo sarà un’impresa facile”.

«No, nessuna fretta”. Rispose Paul.

Lì vicino c’era una macchina della polizia e, a quella vista, Paul pensò che forse non sarebbe stato sbagliato andare dalla polizia e raccontare della rapina. Non sapeva cosa fare, si senti' spaesato, come se fosse stato vittima di un maleficio. Ma la rapina è stata fatta a lui? Perché si sente tanto coinvolto?

Dall’altra parte della strada qualcuno chiamava: «Petra, Petra, che fai allora? Vieni o no?»

Una ragazza corse per attraversare la strada ma inciampò e ruppe il tacco delle scarpe: «Ecco, ci mancavano pure i tacchi rotti”.

«Ti sei fatta male?» Chiese la voce di prima.

«No, sono solo un po’ stanca e stressata. Perché non prendiamo un taxi? Guarda ce n’è uno proprio lì". Dopodiché si avvicinò al taxi in cui sedeva Paul e chiese al tassista: «Scusi, mi può portare fino alla quinta strada?»

«Signora, come vede ho già un cliente a bordo…»

Ma in quello intervenne Paul: «Passiamo per la quinta strada?»

«Sì”. Disse il tassista.

«Perfetto, la faccia pure salire tanto, visto che facciamo la stessa strada…»

Petra salì sul taxi e chiamò anche il fratello. Il traffico scorreva piano piano.

Usciti dalla quarta strada incrociarono un camion che trasportava soldi, la security stava trasferendo il denaro dal camion alla banca ed occupava tutta la strada.

«Deve essere qualcosa di grosso”. Disse il fratello di Petra.

«Già, un bel malloppo”. Disse lei.

«Cosa?» Chiese Paul rivolto alla ragazza.

«No, dicevo che deve essere un bel malloppo”. Ripetè Petra.

«Cosa intendi per grosso malloppo?» Chiese Paul.

Il tassista intervenne: «Succede spesso nella quinta strada, ci sono molte grosse banche qui”.

La quinta strada era molto lunga ed il taxi impiegò molto tempo per attraversarla tutta e poi quelli del camion dei valori impiegarono diverso tempo a scaricare i soldi.

Una volta giunto a casa Paul si buttò nel letto ma qualcuno suonò il campanello. Alla porta c’era un ragazzo con una pizza, Paul gli disse che doveva esserci un errore, lui non aveva ordinato nulla.

«È lei il Sig. Paul Bear Sky?» Chiese il ragazzo.

«Sì, sono io”. Disse Paul.

«Qui c’è un ordine di una pizza ai funghi per lei”.

«Grazie, ma non è mia”.

«Ne è proprio sicuro?» Insistette il ragazzo.

«Sì, certo”.

«Beh, arrivederci allora”. E se andò.

Paul si diresse in cucina e si preparò un caffè, nel frattempo chiamò Deja: «Ciao Paul, che fai oggi di bello? Io non lavoro, posso passare da te?»

«Se vieni ora sono a casa”.

«Arrivo in circa venti minuti”.

Mentre aspettava l’amico Paul si fece una doccia. Pensò in che modo poteva raccontare al suo amico della rapina. Si fece tante masturbazioni mentali. Si chiese se fosse il caso. Capì finalmente che non erano affari suoi. Si, finalmente. Ma una volta arrivato Deja, Paul gli raccontò della rapina, Deja stenta a credere alle parole dell’amico.

Dopo un po’ sentirono un botto provenire da sotto casa, come una bomba, si affacciarono alla finestra e Deja disse: «Ma, che succede? È la mia macchina!»

In quello suonò il campanello, Paul andò ad aprire ed un tizio gli chiese: «È lei Paul?»

Alla risposta affermativa questi gli sferrò un pugno in pieno volto e Paul svenne. Paul fu incosciente, dopo il pugno era nel suo mondo dei sogni fatto come sempre di tanti castelli. Ma chi erano quelli? Perché lo hanno rapito. La situazione si sta facendo strana e di pericolo. Che centri la rapina? Adesso si capisce perché Paul fosse tanto attento e premuroso per quella rapina. Aveva ragione lui. Era stato coinvolto in un vero pericolo.

Una volta risvegliato si trovò in una casa sconosciuta. Un ragazzo e una ragazza erano vicino a lui e in lontananza si sentiva una voce robotica. Paul capì di essere stato rapito. Si vide una finestra socchiusa proprio sulla sinistra di Paul, la luce era quasi rossastra e entrava come un laser uscito dal film Guerre stellari. C'era odore di legno, come se i mobili fossero stati appena comprati, ma quando Paul si diede uno sguardo non c'era nessun mobile nuovo. Le pareti erano color cappuccino, quasi macchiate dalla muffa.

Entrò allora un medico che si rivolse a Paul dicendogli: «Sig. Paul, lei non ha visto niente”.

E Paul: «Ma lei chi è? E cosa non dovrei aver visto?»

Poi si addormentò e iniziò a sognare, nel sogno rivide la rapina ma era lui a compierla e, quando si svegliò, trovò una valigetta proprio vicino al letto in cui giaceva. Si alzò, la prese e la aprì. Era piena di soldi.

Paul era confuso, non capiva cosa stesse succedendo. Nella stanza non c’era più nessuno e non sapeva che fare. Quelli nella valigetta erano un sacco di soldi, così la prese e se ne andò da quella casa.

Una volta uscito dalla stanza notò che nella valigetta c’era uno stemma, una formica.

Cercò il cellulare ma non lo trovò così si recò in una cabina del telefono e chiamò Busty.

«Pronto Busty, sono Paul. Dove sei?»

«Sono a casa, tu dove ti trovi?»

«Prendo un taxi e sono subito da te, poi ti racconto cosa mi è successo”.

«Perché? Cosa ti è successo? Stai bene?»

«Arrivo tra dieci minuti”. 

Prese un taxi e si diresse verso casa di Blusty. Una volta arrivato Paul aprì la valigetta e gli fece vedere i soldi. Busty spalancò gli occhi: «Oh mio Dio, ma sono un sacco di soldi! Hai per caso vinto alla lotteria?»

«No, li ho trovati”.

«E dove diavolo li hai trovati?»

«E qui inizia la storia…» E Paul gli raccontò tutto, o quasi. Non gli disse della rapina, gli disse di essere stato sequestrato. Blusty e Paul si siedono. Entrambi si sentono come in una situazione surreale, come se Paul li stesse raccontando una vita passata, o le esperienze di suo nonno.

«Forse sarebbe meglio andare alla polizia”. Disse alla fine del racconto Busty.

Ma Paul non era d’accordo.

«Sì ma che fai ci fai con tutti quei soldi? Non sono tuoi, e se quelle persone dovessero cercarli?» Insisteva Blusty.

«Me li hanno lasciati loro”. Tagliò corto Paul.

«Ok, andiamo a mangiare intanto, nel frattempo ci penseremo su”. 

«Va bene, ma non dire niente a Susan”. Il padre annuì e si diressero verso la sala da pranzo.

Quella notte Paul rimase a dormire a casa del padre.


Il giorno seguente Carl fu dimesso dall’ospedale e parlò con Mattas di alcuni sogni che aveva fatto, aveva rivisto scene già vissute ma, in qualche modo, diverse, modificate. 

Anche Paul si trovava all’ospedale, era andato a trovare Bluster, ma si intrattenne qualche minuto ad ascoltare ciò che Carl stava riferendo all’amico.

Alla TV, sempre accesa nelle stanze dell’ospedale, stavano passando di nuovo il servizio su quella formica. Dissero che era stata analizzata dai servizi militari.

Paul, che aveva lanciato qualche occhiata al programma, si rivolse alla receptionist: «Chissà di cosa si tratta…»

In quell’istante un’infermiera lanciò un grido e chiamò il dottor Bluster. Un paziente stava delirando, sognava e parlava, sembrava sveglio. Il paziente scese dal letto, era sonnambulo, ed iniziò ad incamminarsi verso la porta. Il dottor Bluster lo fermò e tentò di iniettargli una dose di sedativo ma il paziente lo colpì ed uscì dalla stanza. Bluster riuscì però a fermarlo e a sedarlo.


Il cellulare di Paul squillò, era Deja: «Ciao Paul, che fine hai fatto?»

«Ciao Deja, sono all’ospedale. Tu come stai? Com’è finita poi la storia della bomba?»

«Ma tu dove sei sparito?»

«Non sono sparito, dei tipi mi hanno rapito”.

«Rapito? Ma che dici?»

«Lo so, è tutto così strano…»

«Ma ora che fai? Qui sono venuti i militari, hanno messo sotto sequestro la casa, cercavano indizi che potessero portare alla bomba, parlavano di qualcosa in particolare…»

«Cosa?»

«Non so… sembra strano … parlavano di una formica…»

«Senti Deja, ora devo andare…» E chiuse la chiamata in fretta e furia correndo fuori dall’ospedale.

Lì vide Carl che parlava con Mattas e Benny, sembrava stesse parlando di qualcosa che si era dimenticato in ospedale.

Come vide Paul uscire dal portone Carl gli si rivolse dicendo: «Tu eri nei miei sogni, sì, ti ho sognato!»

E Paul: «Scusi ma, lei chi è?»

Ma Carl insisteva: «Che strano, l’ho davvero sognata stanotte…»

A quel punto anche Mattas intervenne: «E che faceva nel sogno?»

«Stava facendo una rapina!»

«Una rapina?» Paul era sbalordito. «Lei si sbaglia, di sicuro non ero io!»

A quel punto Paul tornò dentro l’ospedale e avvisò Bluster che se ne sarebbe andato, chiamò un taxi e si diresse verso casa. Una volta lì prese la valigetta e si recò da Deja.

Dopo averlo salutato aprì la valigetta e gli chiese, indicando un simbolo inciso: «Cercavano questa formica?»

«E questa che valigetta è?»

Allora Deja si allontanò per una telefonata, poi tornò dall’amico e gli offrì un caffè ma in quell’istante suonarono alla porta, era la polizia che cercava Paul: «Lei è in arresto per la rapina alla banca International…»

Paul incredulo si rivolse verso Deja: «Ma cosa sta succedendo Deja?»

«Paul, l’ho dovuto fare, dovevo chiamarli…»

I poliziotti ammanettarono Paul e lo condussero alla stazione di polizia. Una volta arrivati Paul chiese di poter fare una telefonata e questa gli fu concessa. Chiamò Busty e gli raccontò cos’era successo. Il padre era sconvolto e gli disse che lo avrebbe raggiunto alla stazione di polizia.

Trascorse poco tempo prima che raggiungesse il figlio. Riuscì subito a parlare con lui e lo rassicurò dicendo che avrebbe chiamato subito un bravo avvocato.



Questo fu quello che sognò


DESCRIZIONE DI UN SOGNo


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